mercoledì 21 marzo 2012

da Teatro Naturale 17.03 12: Troppi maestri pontificano sull’olio. Risultato: il caos.

Ciao Gino.
ecco che se la prendono anche con Tom (Mueller)... e ti pareva....
http://www.teatronaturale.it/strettamente-tecnico/l-arca-olearia/12834-troppi-maestri-pontificano-sull-olio-risultato:-il-caos.htm
ti copio il passaggio: "c’è per esempio chi scrive libri non per educare al consumo consapevole, orientato alla qualità, ma per seminare dubbi sull’ampia gamma degli oli di oliva, facendo leva solo sui pregi degli extra vergini d’alta gamma – quelli che taluni denominano “super premium”, facendoli passare per i veri extra verginidenigrando invece tutti gli altri.
In India, sulle pagine di Hindustan Times”, è apparso di recente un articolo in cui si fa esplicito riferimento alle grandi campagne pubblicitarie e di marketing attivate per favorire i consumi di oli di oliva, insinuando il dubbio sulla qualità, e genuinità, degli oli che compaiono sugli scaffali, dubbi che si insinuano soprattutto in seguito alla lettura del libro Extra Virginity. The Sublime and Scandalous World of Olive Oil, di Tom Mueller. ....
Siamo insomma all’inverosimile. E’ sufficiente che qualcuno si alzi al mattino inventandosi una passione per l’olio, e autoproclamandosi maestro della materia, sentirsi in dovere di gettare discredito in nome di una qualità estrema ed elitaria."  
Ciao!
Silvia
 Silvia Lazzari
Sales & Marketing Co-ordinator
BLÄUEL GREEK ORGANIC PRODUCTS
Pyrgos - West Mani
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GREECE

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martedì 13 marzo 2012

EVO a € 0.99 al litro !

Non voglio sapere quanto è il valore degli ALCHIESTERI (metilci e/o etilici) e nemmeno se si tratta di una operazione di dumping o se l'olio non è extra vergine perché ha un valore  di "riscaldo" al panel test superiore a 3,5  o dei perossidi all'oxitest oltre i 20 meqO2/kg.
Questo olio va punito e con esso tutta la filerta che lo ha messo in vendita per il reato di "STRAGE CULTURALE DI STATO"

di
uno stato l ITALIA che ha 638 cultivar diverse dell'Olea Europaea, distribuite su 1.200.000 ha di oliveti e con circa 6.000 frantoi  che producono 500.000 tonnellate di olio/anno.
Non si tratta solo di truffa o di danno per la salute degli italiani ma di un danno più profondo che annienta la coscienza nazionale di
un popolo rurale che nella Roma Imperiale incoronava gli eroi con l' Ulivo e nelle campagne italiane ancora oggi fa sognare tutti gli stranieri.
Questo
i il risultato dell'aver accettato norme come il CE640/08 ma soprattutto quello che ci ha concesso, con un grande compromesso, di scrivere in etichetta 
"ITALIANO 100%" e "OLIVE ALLEVATE IN ITALIA E FRANTE IN ITALIA", il capolavoro degli altri,
il
CE182/09, (leggete il comma 5 del CE 182/09 qui su questo sito alla voce SERVIZI e poi LEGISLAZIONE), e fatevi due risate troverete subito anche voi dove è stata collocata la trappola).
Vorrei veder cosa c'è scritto piccolo piccolo sulla retro etichettaquale miscela di olio sia ma me lo immagino già. Lo avevo predetto nel mio libro MONOCULTIVAR OLIVE OIL l'olio perfetto a pagina 88,89,90 e 91. Bisognrerebbe usare queste bottiglie, dovunque si triovino, per fare uno shampoo vigoroso a chi le ha comprate e poi messe in vendita, i buyer devono cambiare logica e a buon intenditore poche parole. Una vergogna così non pensavo di poterla provare in vita mia.
La crisi c'è sicuro ma non è economica, è culturale e oggi paghiamo le lauree facili, l'univesità per i ciuchi, le cattedre ai parenti e via di seguito. Spero che i NAS intervengano ad "alzo zero"e che spazzino via questa roba una volta per tutte.
Gino Celletti  
Conferenza  Aula Magna Museo Civico Storia Naturale di Milano sabato 24 marzo 2012, ore 15  L’Olea Europea: la  pianta  dai  1628  volti  Dr Gino Celletti

mercoledì 7 marzo 2012

Olio e olivi risorsa per il turismo? Gli esempi ci sono …ma ci vuole testa.

Amici molisani hanno avuto una bellissima idea: “Extrascape”. Si tratta di un concorso internazionale che premia i migliori oli, a patto però che provengano da oliveti esteticamente rilevanti, condotti con criteri sostenibili, gestiti con l’etica delle buone pratiche ambientali e agricole. Non si premia più una tecnica estrattiva seppur magistrale ma un territorio, il risultato dell’intervento umano sull’ambiente la bellezza di un comportamento, la poesia di sentimenti agresti vissuti in silenzio, che avevano come specchio solo olivi, zolle e cielo. E di questa bellezza che l’Italia è ricca, è di questo che gli stranieri si innamorano e di questo che noi non ci siamo mai accorti abbastanza da scommetterci su il nostro futuro. Forse ci abbiamo fatto l’abitudine, ma non è un buon motivo per non trarne risorse per noi e per i nostri figli. Sul territorio italiano crescono 628 varietà di olivi (cultivar), il 40 % di tutte le varietà esistenti sul nostro pianeta e sono tutte diverse, per il portamento arboreo, la forma delle foglie e delle olive e sono diversi i loro oli che hanno profumi caratteristici e tipici di pomodoro, carciofo, mandorla, sedano, ecc. Chi ha fatto qualche incursione vacanziera in territorio francese sa che lì ogni cittadina, paesotto,  contrada fa a gara per caratterizzare e vantare la propria produzione. Per restare nel mondo oleicolo, a sud della Francia, nel dipartimento della Drôme, regione del Rodano-Alpi, c’è un paesotto di 7000 anime, Nyons, dove cresce la cultivar “Tanche”. Le sue olive da secoli vengono lasciate annerire in sacchi e dopo che sono stramature e scolano nero, a marzo, vengono frante. All’assaggio si evidenzia un deciso difetto  “riscaldo”, che a qualcuno, dotato di smisurata fantasia, ricorda il “mirtillo”. Questo è un olio difettato senza mezzi termini, che mai più potrebbe fregiarsi della classificazione di legge di Extra Vergine, secondo il CE 640/08, valido anche in Francia, ma i Francesi di quella zona, in virtù della storia, della richiesta di quest’olio sul mercato da ormai più di un secolo, su cui ogni anno imperniano la loro sagra paesana e della loro insistenza, convinta e battagliera, sono riusciti ad ottenere dall’UE, l’Appellation Vierge. Avevano insistito per ottenere addirittura la classifica di “Vierge Extra” ma la UE ha concesso solo “vergine”. Assaggiando più campioni, in certi casi il difetto è così marcato da meritare la classifica di olio “vergine lampante” e quindi non commerciabile. In Francia però si dice (e si fa)  à la guerre comme à la guerre. Questo è un esempio di come si valorizza il territorio, ci si batte fino alla fine. La Francia produce solo 4.000 tonnellate di olio l’anno mentre l’Italia ne produce 450.000. Ecco, pure con un decimo di produzione i Francesi hanno preteso ed ottenuto il riconoscimento di un olio “difettato” come una specialità locale. Oggi c’è anche chi fa l’Extra Vergine ma intanto il mercato è stato creato e mantenuto. Tanto per capire quanto vale questo mercato si vende 250 ml di olio di Nyon tra i € 7 e € 10,oo, una crema esfoliante con olio di Nyon da 200 ml costa € 22,oo e il Buro d’Oliva di Nyion da 150 ml costa € 32 .oo. Non male vero e questo paesotto è pieno di Resort, Recidence e Spa per la cura di bellazza tutta a base di olio di Nyon. Lo so questi esempi fanno male, ma noi Italiani abbiamo la pelle dura è non soffriremo più di tanto a leggere questi  esempi. Occorre cambiare prospettiva di osservazione, occorre riconsiderare le nostre realtà non come acquisite, ma come un dono, che ogni mattina ci troviamo quando apriamo gli occhi. Ci vuole un’altra testa, se non vogliamo quella che ci mandano dalla BCE… o da Pechino, a metterci giudizio.     
Gino Celletti

OLIO DELLA TUSCIA, STORICAMENTE CANINESE

La Tuscia è quel bellissimo pezzo di Lazio in provincia di Viterbo, arricchito dai  laghi blu e limpidi di Bolsena, Vico e Bracciano, a nord di Roma. Tracciata questa breve foto geografica, mi soffermerò più dettagliatamente sulla geoamplelografia delle cultivar allevate in questo areale così da dare una visone delle problematiche sorte nella gestione degli olivi locali e dell’estrazione dell’olio. Le cultivar presenti nella Tuscia sono  17: caninese, canino di bagno, carboncella, carboncella pianacce, frantoio, itrana, leccino, marina, moraiolo, nostrale fiano romano, olivone, palmarola, pendolino, raia, rosciola, salviana, sierola. Questo per rigore di cronaca, ma quando passiamo all’atto pratico, scopriamo che recentemente si aperta una voragine tra l’attitudine del territorio e le tendenze  mercantili. La regina delle cultivar della Tuscia è la CANINESE.  Regina per dominio del territorio: nei comuni di Vetralla, Blera Farnese e Canino i più vocati, occupa il 95% dei terreni olivetati. Per tradizione culinaria: i piatti locali sono tutti conditi con questo olio e se si sono tramandati e affermati nel mondo lo si deve anche al profumo e al sapore che ha conferito a piatti come “Spaghetti Aglio e Olio”, uno per tutti. Se poi pensiamo agli aspetti botanici, la caninese cresce come altre cultivar non fanno,  qui si arricchisce degli acidi grassi più preziosi e con percentuali maggiori. Insomma questa è casa sua da sempre. Dall’altra parte della voragine, quella mercantile, troviamo cultivar come Leccino, Frantoio, Pendolino che pur autoctone, si sono espanse solo grazie ad impianti volutamente mirati e consigliati perché varietà più precoci, capaci di entrare prima in produzione, cioè di allegare ed invaiare prima. Queste due tendenze ovviamente sostenute da due mentalità diverse si scontrano a tal puto da creare immobilismo, di cui approfitta chi della qualità se ne infischia o chi mira a totalizzare il controllo del mercato. A conferma dell’esistenza dell’enorme frattura, ci sono due DOP: CANINESE e  TUSCIA . La prima dove il disciplinare prevede solo la lavorazione della cultivar Caninese, la seconda dove il disciplinare è talmente elastico che sembra l’arca di Noe, dove si imbarcano Leccino, Frantoio, Pendolino ecc. I maligni dicono che forse è per questo che si vedono transitare camion targati “peranzana” ma a queste chiacchiere non mi associo e resto sul merito dell’ impiego un ampio spettro di cultivar seppur locali. Il mercato globale in cui siamo immersi provoca istintivi rigetti di prodotti generici ed una DOP  proprio perché “denominazione di origine protetta” ha valore se tipica per origine ma soprattutto se unica per le sensazioni che da in tavola. Il leccino è una grande cultivar ma le sue espressioni aromatiche di lattuga e prezzemolo non sono quelle del mallo di noce vivace e squillante della caninese e poi è una cultivar “con la valigia” la trovi dovunque, proprio perché poco esigente, si adatta a qualsiasi terreno. Promuovere un Consorzio di Tutela dell’Olio Caninese avrebbe il vantaggio di offrire al mercato un prodotto tipico ed unico difficilmente preda degli spiriti commerciali, a vantaggio della “Tutela del territorio TUSCIA”. Quei marchi locali a logica industriale sono necessari, ma potranno trarre ancor più vantaggio se fondati su una sola DOP , credibile ed esigibile, dove tutto ruota sulla forza di un territorio costruito  da migliaia di coltivatori e non come nel medioevo sul Castello più alto. Sappiamo tutti com’è andata a finire dopo.
Gino Celletti